Costruire Backlink con le relazioni, non con le scorciatoie

Costruire Backlink con le Relazioni, non con le Scorciatoie

Il tema del link building è da anni uno dei più trattati nel mondo SEO. Si parla di backlink, guest post, di broken link, di directory locali, di scambi. Tutte pratiche legittime, se ben fatte. Ma negli anni, molte di queste strategie sono diventate automatismi, procedure svuotate di significato.

Chi lavora online riceve email ogni giorno con richieste di backlink, spesso impersonali, a volte nemmeno rilevanti.
Eppure, il principio di fondo – quello di essere citati, riconosciuti, linkati – resta fondamentale.

Quello che ti propongo qui non è una “tecnica alternativa”, ma un cambio di prospettiva: costruire relazioni sincere, e lasciare che i link siano una naturale conseguenza di un rapporto di fiducia.

Per chi oggi lavora sul web, è facile dimenticare quanto il contesto sia cambiato.
La SEO – e il link building in particolare – ha attraversato fasi molto diverse. Strategie oggi considerate borderline, se non dannose, erano un tempo parte integrante di qualsiasi piano di crescita.

Guardare al passato non serve a sorridere con sufficienza, ma a capire l’evoluzione delle logiche di Google, e come il concetto stesso di “link di qualità” si sia trasformato.
Ecco alcune delle pratiche più diffuse nel passato, oggi quasi scomparse (e spesso sconsigliate).

Directory: quando per trovare qualcosa si usavano gli elenchi

Le web directory (come DMOZ per citare la più celebre, ormai abbandonata ) erano tra le prime fonti di backlink. Ce n’erano di tematiche, generiche, locali.
L’idea era semplice: inserire il proprio sito in elenchi pubblici, suddivisi per categoria.

Per un certo periodo, Google considerava questi link validi segnali di autorevolezza, perché aiutavano a indicizzare e classificare i contenuti, perché molte avevano editori che organizzavano e filtravano i contenuti utili. Ma con il tempo, l’abuso ha fatto crollare la credibilità del sistema.

Oggi:

  • Le directory non hanno più peso SEO, se non in casi molto specifici (es. settori locali o ufficiali).
  • La maggior parte sono state de-indicizzate o ignorate dagli algoritmi.
  • L’approccio è cambiato: non farsi “elencare”, ma farsi menzionare in contesti reali.

Blogroll: la vecchia blogosfera

Se hai avuto un blog negli anni 2000, probabilmente avevi un blogroll: una lista di blog “amici” linkati nella sidebar.
Era un gesto di stima, ma anche un modo per creare piccole reti di interconnessione, spesso a scopo SEO.

Con l’arrivo dei primi algoritmi anti-spam, queste sezioni hanno iniziato a essere viste come link artificiali, spesso scambiati senza un vero valore editoriale.

Oggi:

  • I blogroll sono praticamente scomparsi.
  • Il concetto di “rete” si è spostato sui social o nelle collaborazioni editoriali.
  • Un link nel footer o nella sidebar, se replicato su tutte le pagine, può addirittura penalizzare.

Aggregatori di contenuti: il tentativo di surfare l’onda

Negli anni ’10 del web, siti come OKNotizie, Digg, Reddit (nelle sue origini), erano visti come ottime fonti di traffico e link.
Il meccanismo era semplice: carica il tuo contenuto, guadagna voti, ottieni visibilità… e backlink.

Ma con il tempo, Google ha imparato a distinguere i contenuti originali da quelli replicati o aggregati.
Molti aggregatori sono stati degradati nei risultati, e i link in uscita resi nofollow o ignorati del tutto.

Oggi:

  • Gli aggregatori hanno ancora un senso come canale di distribuzione, non per la SEO, ma il loro utilizzo è calato molto negli anni.
  • I link da questi siti non passano valore.

Per anni, uno dei modi più veloci per creare backlink era lasciare commenti con link o partecipare a forum firmando con l’URL del proprio sito.

Funzionava, almeno finché non è diventato uno degli abusi più estesi nella storia del link building.
Google ha reagito: prima penalizzando gli eccessi, poi ignorando gran parte di quei link.

Oggi:

  • I commenti e le firme non portano valore SEO (quasi tutti i link sono nofollow).
  • Però possono avere valore relazionale: se portano traffico reale o iniziano una conversazione.
  • Il valore è nella relazione, non nel link in sé.

“Io linko te, tu linki me”.
Per un periodo sembrava una buona idea. Il problema è che l’eccesso di reciprocità ha portato Google a vedere queste pratiche come manipolative.

Non è un crimine avere due siti che si citano. Ma se i pattern diventano evidenti, l’algoritmo comincia a ignorare quei link, o peggio, a considerarli spam.

Oggi:

  • I link reciproci vanno usati con buon senso e motivazione editoriale.
  • Meglio puntare su citazioni incrociate non immediate (es. su progetti diversi, in tempi diversi).
  • Lo scambio come “moneta” non funziona più.

Guest post di bassa qualità

Il guest posting è tuttora valido… ma solo quando ha senso per chi legge.
Negli anni, la pratica è stata snaturata da contenuti scritti solo per ottenere un link, spesso poveri, ripetitivi, pieni di anchor manipolative.

Google l’ha detto chiaramente: guest post fatti per scalare la SEO, e non per informare, non funzionano più.

Oggi:

  • I guest post sono utili se fanno crescere l’autorevolezza del brand, non se piazzano un link.
  • Meglio un contenuto profondo e ben contestualizzato che 10 articoli superficiali.
  • È la qualità a fare la differenza, non la quantità di link ottenuti.

Lasciandoci alle spalle le tecniche obsolete, o meglio, lasciando proprio da parte l’idea che la link building sia una tecnica, spostiamo la costruzione della nostra rete su un piano relazionale.

Inizia da una conversazione, non da una richiesta

Hai letto un contenuto che ti ha colpito davvero? Che ti ha fatto cambiare idea o ti ha ispirato qualcosa? Scrivi all’autore. Non per proporre uno scambio, ma per entrare in relazione.
Un messaggio sincero può avviare un dialogo. E da quel dialogo può nascere collaborazione, visibilità, rispetto reciproco.

I backlink più duraturi sono spesso quelli che arrivano senza essere mai stati chiesti.

Crea contenuti che si intrecciano con quelli degli altri

Se trovi un articolo valido, invece di copiarne il format o riscriverlo “meglio”, prova a creare un contenuto che si colleghi a quello. Non in modo artificiale, ma come estensione naturale.

Esempi:

  • un approfondimento tecnico su un tema che nell’altro articolo è solo accennato,
  • un caso studio che conferma o smentisce un’ipotesi,
  • una guida che traduce in pratica un concetto teorico.

Poi condividilo, non per chiedere di essere linkato, ma per mostrare che stai partecipando alla conversazione.

Diventa parte del contesto, non un comparsa occasionale

Molti autori hanno uno spazio in cui si esprimono: una newsletter, un canale social, un forum, una community.
Inizia a frequentare questi ambienti con continuità, non per farti notare, ma per capire il linguaggio e i valori di chi li anima.

Chi è presente in modo coerente e rispettoso viene riconosciuto. E chi è riconosciuto viene linkato, invitato, citato.

I link non arrivano solo ai contenuti ottimi, ma anche alle persone che coltivano fiducia.

Lavora su piccole relazioni autentiche

Non serve puntare alle grandi firme del tuo settore. Spesso, sono le relazioni con autori meno visibili ma molto competenti a generare scambi di valore più duraturi.

Interagire con una decina di voci affini, scambiarsi opinioni, collaborare anche su piccoli progetti: questo è il tessuto connettivo che nel tempo costruisce reputazione (e con essa, backlink naturali).

Un’approccio simile è spiegato anche in questo articolo, che sottolinea il valore delle relazioni autentiche nella link building.

Offri valore senza aspettarti nulla

Se hai competenze o contenuti utili, offrili. Se noti un refuso, segnala. Se un articolo ti piace, diffondilo.
Non come strategia, ma come gesto naturale in un ecosistema che funziona solo se le persone si aiutano a vicenda.

La maggior parte dei backlink che ricevi senza chiederli nasce da un gesto disinteressato.

Una riflessione personale (e un invito)

Su questo sito, non è raro che io inserisca link esterni.
Lo faccio quando trovo un contenuto che aggiunge qualcosa di concreto a ciò che sto trattando: un punto di vista interessante, una risorsa ben costruita, un’esperienza utile.

Questo non solo non danneggia il sito – come certi vecchi miti SEO fanno ancora credere – ma anzi, contribuisce a costruire autorevolezza e fiducia.
Il web è un sistema aperto, interconnesso.
Non ha senso chiudersi nel proprio giardino.

Se hai scritto qualcosa che pensi possa davvero interessarmi o integrarsi con ciò che pubblico qui, sentiti libero di segnalarmelo.
Non propormi uno scambio, non chiedermi un link:
raccontami perché ti è sembrato rilevante, dove si collega, cosa aggiunge.

Se lo riterrò utile, sarò felice di leggerlo. E forse anche di condividerlo.

Il mondo del SEO a volte dimentica che dietro ogni link c’è una persona. Qualcuno che ha scelto di citare qualcun altro.
Non perché doveva, ma perché quel contenuto meritava di essere condiviso.

E i contenuti che meritano di essere condivisi, oggi più che mai, sono quelli che partono da relazioni autentiche.

Costruire backlink può essere un’operazione tecnica.
Ma costruire reputazione attraverso le relazioni è un lavoro più lento, più profondo e – soprattutto – più solido.

Un’ultima cosa: ci vuole pazienza

Tutte le pratiche che abbiamo abbandonato avevano in comune una cosa: la ricerca di risultati rapidi.
Ma il tempo ha dimostrato che i collegamenti reali, quelli che contano, richiedono pazienza.
Non solo per essere ottenuti, ma per essere meritati.

La SEO è cambiata, e con lei il link building.
Oggi è fatta di relazioni, di contenuti autentici, di gesti coerenti nel tempo.

Non cercare scorciatoie. Costruisci qualcosa che valga la pena linkare.
E poi abbi pazienza.

Se ti interessa, ho scritto anche un articolo su perché la pazienza è una delle vere doti SEO – e perché chi la coltiva ha spesso una marcia in più.

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