Temi WordPress: la facilità promessa che si trasforma in manutenzione infinita

Temi WordPress: la facilità promessa che si trasforma in manutenzione infinita

C’erano una volta i temi WordPress: leggeri, minimali, magari un po’ bruttini ma facili da usare. Bastava installarli, cambiare due colori, caricare un logo, e il sito era pronto a partire. Perfetti per un blog personale, un sito vetrina senza troppe pretese, o una piccola attività che voleva semplicemente “esserci” online — e ovviamente, con un po’ di pazienza e creatività, si poteva anche costruire qualcosa di davvero bello partendo da una base semplice.

Poi qualcuno ha pensato: “E se aggiungessimo uno slider?”. Un altro: “E se integrassimo un builder visivo?”. Un altro ancora: “Perché non includere 35 plugin indispensabili di cui nessuno ha mai sentito parlare?”. E così siamo entrati nell’era dei super-temi.

Benvenuti nel mondo dei temi moderni, dove ogni template è una piccola galassia autosufficiente: promettono di fare tutto — e anche di più — ma spesso trasformano la gestione del sito in un labirinto. La semplicità d’uso promessa sulla landing page si dissolve appena apri il pannello opzioni, che sembra più il cruscotto di un’astronave che un’interfaccia per modificare un sito.

A complicare le cose c’è spesso una documentazione che non viene aggiornata: spiega funzioni che non esistono più o ignora del tutto le novità delle ultime versioni. Il risultato? Per trovare una risposta devi cercare nei forum o sperare che qualcun altro abbia già avuto (e risolto) il tuo problema.

E quando qualcosa non funziona? Arrivano i bug fix, ma magari dopo settimane, e a volte sistemano un problema… creandone un altro. E tu, che volevi solo un sito semplice per la tua attività, ti ritrovi a fare il tecnico informatico senza volerlo.

Gratuiti, Commerciali e… Giganteschi

Il mercato dei temi WordPress oggi offre di tutto: dai gratuiti che promettono la luna (e raccolgono cinque stelle su WordPress.org, senza farsi troppe domande su chi le metta), fino ai cosiddetti temi “premium” da 59€ — scatole misteriose con dentro un po’ di tutto: 800 demo preconfezionate, 14 plugin “consigliati” (di cui almeno 5 obbligatori per far funzionare il menu), builder drag & drop con interfacce caotiche, e pacchetti di CSS e JavaScript più pesanti di un intero sito web dei primi anni 2000.

Sulla carta sembrano la soluzione perfetta per chi vuole fare da sé: imprenditori, freelance, piccoli business. Nella realtà, però, basta un click su “Importa demo” e il sogno si trasforma in un sito Frankenstein: esteticamente impressionante, ma terribilmente lento, instabile e difficile da personalizzare davvero.

E poi ci sono i “regali”: versioni piratate di temi a pagamento, offerte da canali non ufficiali. Un’occasione? Tutt’altro. Spesso nascondono codice malevolo, backdoor o pubblicità occulte: un rischio concreto per la sicurezza del sito — e dei visitatori.

A completare il pacchetto ci pensano le landing page trionfali, che vantano “licenze premium incluse” per decine di plugin dai nomi altisonanti ma dalla reale utilità tutta da dimostrare. Spesso si tratta di estensioni inutili, pesanti o persino abbandonate, che servono più a fare numero che a migliorare davvero il sito.

Una falsa promessa di autonomia

Il paradosso? Questi temi sono pensati proprio per chi non è uno sviluppatore. Ma per farli funzionare davvero bene servono competenze da professionista navigato. Ottimizzazione delle performance, pulizia del codice HTML (DOM), rimozione di script caricati inutilmente, correzione di funzioni inefficienti, override di query lente, debugging di conflitti tra plugin… tutte cose che l’utente medio — giustamente — non dovrebbe nemmeno sapere che esistono, figuriamoci gestirle. E invece si ritrova a cercare su Google termini come “defer parsing of JavaScript” quando voleva solo cambiare un colore nel footer.

Quindi no, non è tutto così semplice come sembra. E più il tema è “ricco di funzionalità”, più diventa un castello di carte: solido solo finché non provi a toccarlo.

Un carico di plugin “essenziali”

Una delle tendenze più demoralizzanti è quella dei temi che arrivano già con un’ecosistema di plugin consigliati. Letteralmente: apri la dashboard dopo l’attivazione e ti trovi davanti un messaggio del tipo:

“Questo tema richiede i seguenti plugin: Builder Ultra Pro, MegaSlider Pro, PostType Supreme, e altri 9 plugin vari per far funzionare il menu, le immagini, la gallery, l’header e — a volte — il footer.”

E se non li installi, ti ritrovi con un tema parzialmente rotto, pieno di shortcode vuoti e layout che sembrano glitch di un vecchio videogioco.

Bug? Correggi tu, grazie

Altro aspetto poco discusso: i bug. Anche nei temi premium, trovare comportamenti errati o incompatibilità non è raro. Il supporto tecnico? Cortese, sì, ma con i suoi tempi. E quando il progetto ha delle scadenze vere, non puoi aspettare tre giorni per una risposta — che spesso è un copia-incolla di codice custom da piazzare in functions.php, senza troppi contesti.

Quindi cosa succede? Succede che entra in scena il developer — cioè tu, o qualcuno che chiami in emergenza — e sistema tutto a mano. Perché aspettare il fix ufficiale significa ritardare il progetto, perdere tempo e, a volte, clienti. Perché quel “veloce e pronto all’uso” promesso sulla landing page vale solo finché tutto fila liscio. Ma spoiler: qualcosa si rompe sempre. È la Legge di Murphy applicata al web — se qualcosa può andare storto, prima o poi lo farà. E nel mondo dei temi tutto-incluso, quel momento arriva in fretta.

La mia preferenza? Costruire partendo da poco (ma bene)

Per questo, nei progetti in cui il budget e la visione lo permettono, preferisco prendere una strada più artigianale. Partire da un tema di base, come Twenty Twenty-Four, oppure ancora meglio da uno starter minimale tipo _s (anche se comincia ad essere un po’ datato), e costruire sopra in modo mirato: niente più, niente meno.

Sì, richiede più tempo all’inizio. Ma ti ripaga nel medio-lungo periodo: performance migliori, codice più pulito, zero plugin inutili, e soprattutto nessun codice da rimuovere. Solo codice da scrivere, con uno scopo preciso.

È un approccio più sostenibile, più scalabile, e — diciamolo — anche più professionale.

Hai mai ispezionato un sito dopo aver fatto il “merge” dei CSS di un tema commerciale? Ti ritrovi davanti a un foglio di stile con 80.000 righe di codice. Ottantamila. Non ha alcun senso logico per un sito reale. Significa che stai caricando stili di ogni componente immaginabile, progettati per adattarsi a qualunque esigenza… tranne la tua. In un sito ben fatto, il codice si riutilizza, il markup (HTML) è compatto, e i CSS servono solo a ciò che davvero appare su schermo. In molti casi, un foglio di stile snello e ragionato può stare comodamente nel 10% di quelle righe — o anche meno, a seconda della complessità.

Un problema sistemico (ma non irrisolvibile)

Il punto non è demonizzare tutti i temi “tuttofare”. Hanno un loro posto nel mondo, e in certi casi sono davvero utili per ridurre tempi e costi. Il problema è quando diventano l’unica soluzione proposta, anche quando non è la più adatta.

C’è margine di miglioramento. I produttori di temi potrebbero lavorare su:

  • maggiore modularità: permettere di attivare/disattivare blocchi di funzionalità;
  • caricamento condizionale delle risorse: CSS e JS solo dove servono;
  • compatibilità pulita senza “lock-in” con plugin esterni;
  • documentazione pensata non solo per utenti, ma anche per dev che dovranno metterci mano.

In altre parole: meno fumo, più arrosto.

Conclusione: un invito alla consapevolezza

Scegliere un tema WordPress non è un atto innocuo. È una decisione architetturale. È scegliere se vuoi una casa prefabbricata con mille accessori (ma anche mille istruzioni), o una casa progettata su misura, magari più semplice all’apparenza, ma solida, performante e fatta per durare.

Il consiglio? Quando puoi, costruisci. Quando non puoi, scegli con consapevolezza. E soprattutto: non credere troppo alle demo.

Una demo è fatta per vendere, non per durare. Quello che vedi è una versione compressa, ottimizzata, servita in cache e — se chi vende sa il fatto suo — ospitata su un server ultra-performante, configurato ad arte per sembrare fulmineo. In più, è un sito “vetrina” che non riceve traffico reale, non gestisce ordini, non ha plugin extra, non subisce aggiornamenti. Gli unici utenti? I potenziali clienti che lo stanno valutando. Il tuo sito, invece, dovrà vivere nel mondo reale: con contenuti veri, modifiche frequenti, plugin inevitabili e un budget per l’hosting magari molto più contenuto.

Scegliere un tema è un po’ come comprare un’auto usata online: la carrozzeria è lucida, il cruscotto acceso fa bella figura, ma sotto il cofano può nascondersi di tutto. Se hai budget, meglio investire in qualcosa di nuovo, costruito su misura con solo gli optional che ti servono davvero. Se invece devi partire con un modello già pronto, tieni da parte un po’ di risorse: prima o poi qualche sorpresa “inaspettata” arriverà, ed è meglio farsi trovare pronti.

Cosa faccio io, nella pratica?

Come accennato, quando il progetto lo permette — cioè quando c’è un budget adeguato e l’obiettivo è costruire qualcosa di duraturo — suggerisco sempre di partire da un tema leggero e performante. Niente builder esterni, niente strutture gonfiate: solo ciò che serve.

Un tempo lo facevo con l’editor classico, oggi ancora di più con l’editor a blocchi nativo di WordPress, che, se ben usato, consente di ottenere risultati molto puliti e flessibili. E quando serve qualcosa in più, costruisco blocchi custom su misura, così da mantenere il controllo completo su markup, stile e performance.

Quando invece il cliente chiede altro…

Succede spesso che il cliente arrivi con idee precise, magari affezionato a un editor visuale come Elementor — che oggi va molto di moda. In questi casi non entro in guerra con la scelta, ma cerco di trovare un compromesso intelligente: costruisco componenti ad hoc per le sezioni più complesse, in modo da riprodurre lo stile e le funzionalità richieste, ma utilizzando blocchi personalizzati che possono essere richiamati direttamente dall’editor.

Così il cliente ottiene ciò che desidera a livello estetico e funzionale, ma senza trascinarsi dietro quintali di markup inutile, CSS annidati o JavaScript caricati ovunque. Elementor permette di fare (quasi) tutto, è vero — ma la quantità di codice generato è sicuramente superiore, e questo ha un impatto evidente sulle performance.

E quando si lavora con budget stretti?

Qui si torna con i piedi per terra. La realtà è che capisco bene le esigenze di budget, quindi in molti casi mi trovo anch’io ad adottare temi preconfezionati, magari richiesti direttamente dal cliente o scelti per velocizzare le prime fasi.

Ma in questi casi, nel preventivo è sempre implicita una parte di ottimizzazione e bugfix.

Perché so già che parte del tempo andrà speso a sistemare qualcosa: rimuovere script inutili, sistemare margini impazziti, correggere un bug con l’header mobile, o fare reverse engineering di un’opzione nascosta nel settimo livello del pannello opzioni del tema.

In sintesi? Flessibilità sì, ma con consapevolezza.
La “facilità d’uso” va benissimo… ma spesso ha bisogno di uno sviluppatore per funzionare davvero come si deve.


E se sei un non tecnico che vuole farsi il sito da solo?

Domanda legittima. Se vuoi sperimentare, o semplicemente costruire da solo il tuo sito personale o per la tua attività, oggi è più possibile che mai — ma con qualche accortezza.

Il mio consiglio? Parti dal nuovo editor a blocchi di WordPress, che nel 2024 è finalmente diventato uno strumento potente e usabile.
Vuoi una base leggera, pulita e pronta all’uso? GeneratePress o Astra (in versione light, senza extra) sono ottimi candidati: veloci, ben documentati, con una community ampia e tanti tutorial.

E se invece hai già trovato “il tema premium perfetto” su ThemeForest o altrove, quello con l’effetto wow, il font giusto e la demo che ti fa brillare gli occhi?
Buttati! Provaci comunque.
L’importante è sapere che quella bellezza ha un prezzo — spesso in termini di performance o manutenzione.

La buona notizia? Puoi sempre farti affiancare da un professionista per ottimizzare il lavoro che hai già fatto: ridurre tempi di caricamento, eliminare errori, sistemare il SEO tecnico, alleggerire markup e codice, e magari fare un piccolo audit prima di andare online.

Scopri le mie consulenze: ti aiuto a migliorare quello che hai già fatto, senza rifare tutto da capo. Perché anche chi lavora in autonomia, ogni tanto, ha bisogno di un boost tecnico.

Se stai cercando un hosting con assistenza top e un pannello di controllo super semplificato, ti consiglio SiteGround! Se acquisti tramite il mio link, guadagno una commissione, ma tu non paghi nulla in più. Win-win! 😉

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